L’11 febbraio è la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, e in Italia c’è ancora molto da fare per incoraggiare un maggior numero di donne a lavorare nel settore tecnico-scientifico. Ma con i giusti interventi il reparto HR può aiutare molto, a partire da un recruiting fuori dagli schemi.
Il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum ha rivelato che l’Italia si posiziona al 79° posto, su 146 Paesi a livello mondiale, per quanto riguarda la parità di genere, perdendo posizioni rispetto agli anni precedenti. Il divario di genere è ancora più evidente quando si parla di professioni tecnico-scientifiche (le cosiddette “STEM”). Secondo l’ISTAT, meno del 40% delle laureate si concentra su queste discipline. Nei ruoli dirigenziali, infatti, nel 2023, le donne hanno ricoperto solo il 24% circa dei ruoli di leadership nel settore tecnologico.
Le cifre parlano da sole. Ci sono ancora troppe poche donne nel settore dell’automazione e nei ruoli STEM in generale. E nell’attuale contesto di carenza di manodopera qualificata, è più importante che mai attirare più talenti femminili affinché intraprendano una carriera tecnico-scientifica. È ormai appurato infatti che colmando il divario di genere, il settore potrebbe sopperire alla sua carenza di talenti. Ma cosa bisogna fare per incoraggiare un maggior numero di donne a lavorare nel settore dell’automazione? Non esiste una formula magica, ma alcuni provvedimenti basati su un approccio strategico al mentoring, alla riconsiderazione delle strategie di reclutamento e all’impegno STEM possono spostare l’ago della bilancia, soprattutto se questi interventi sono guidati dal settore HR.
Coinvolgere le donne fin dalla giovane età e ampliare i bacini di ricerca
Mentre le aziende cercano sempre più figure professionali con competenze tecniche e digitali, la percentuale di specialiste ICT in Italia, secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea, è ferma al 16% rispetto a una media UE al 19%. Da queste premesse Girls Code it Better, iniziativa di Officina Futuro Fondazione W-Group, ha avviato un percorso di imprenditoria digitale per avvicinare le studentesse alla tecnologia e alle carriere STEM. Forte la risposta dell’Emilia-Romagna: sono 42 le scuole secondarie di primo e secondo grado della regione che hanno aderito al progetto, arrivando a coinvolgere circa 794 ragazze in totale. Nei club extra-curriculari pomeridiani e gratuiti nelle scuole, quindi, le ragazze guidate da un coach-docente, un insegnante della scuola, un coach-maker e una figura con competenze tecniche elaboreranno un programma che prevede lo sviluppo di un’area tecnica strumentale a scelta tra: schede elettroniche e automazione; progettazione, modellazione e stampa 3D; web design e web development; programmazione app e gaming; realtà virtuale e aumentata; videomaking.
«Per me l’opportunità di smontare i pregiudizi e di modelli positivi da valorizzare e alleanze virtuose da creare si inizia già a livello di scuola primaria e secondaria», conferma Philippa Glover, membro del Senior Leadership Team di OMRON (multinazionale attiva nel campo dell’automazione) per Regno Unito e Irlanda. L’importanza dell’intervento nelle diverse fasi dello sviluppo è confermata dalle analisi recenti di McKinsey ed Eightfold AI, che hanno rilevato che la significativa diminuzione della percentuale di donne impegnate in discipline STEM che avviene in due fasi: durante il passaggio dall’istruzione secondaria all’università e dall’università al mondo del lavoro. Gli studi citano due ragioni principali per questo fenomeno. La prima è che le ragazze delle scuole secondarie ricevono un sostegno significativamente inferiore rispetto ai ragazzi per intraprendere carriere STEM. In secondo luogo, che alle ragazze viene trasmessa l’idea di non essere brave in queste materie. «A parte cambiare la percezione, le aziende anziché basare la scelta sull’analisi di candidati con le solite qualifiche ingegneristiche, potrebbero adottare un nuovo approccio che sposti la ricerca al di fuori del perimetro tradizionale», suggerisce Glover.
Il che significa assumere donne provenienti da pool inesplorati e formarle nella tecnologia. Per Glover questo modus operandi potrebbe anche aiutare le organizzazioni a migliorare le proprie competenze nelle aree di cui si prevede una crescita importante nei prossimi anni, man mano che la manifattura accelera l’adozione delle tecnologie digitali. «Il pool di talenti per i lavori del settore manifatturiero, ingegneristico e dell’automazione è stato tradizionalmente dominato dagli uomini. Bisogna chiedersi se ciò possa dipendere dal fatto di attingere sempre dagli stessi bacini di provenienza. Chi si occupa di HR si sta impegnando a identificare realmente le competenze di cui abbiamo bisogno e a riflettere su dove possiamo trovare quel talento?», conclude.