Welfare e conciliazione vita-lavoro sembrano ormai far parte stabilmente delle leve per la talent attraction e la talent retention. Occorre, però, costruire e comunicare al meglio ambienti inclusivi e stimolanti.
Millennials e Gen Z-ers sono molto attenti ai valori e alla mission dell’azienda per cui lavorano: entrare a far parte di ambienti inclusivi e stimolanti è una priorità. Sono queste alcune delle evidenze che emergono dall’indagine di Inaz , società che si occupa di software per la gestione delle risorse umane, e Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, dal titolo Le Leve del Talent Management nell’era del Quiet Quitting e del Job Hopping. E le imprese? Il 18,6% riserva al talent management una funzione specifica e separata, il 36,52% dedica al tema un’attenzione parziale, mentre un terzo delle aziende dichiara di fare attività di brand reputation utilizzando leve quali la sostenibilità (prioritaria per il 41,6% delle imprese, non prioritaria per il 44,19%), la D&I (vale a dire diversity e inclusion, che tuttavia per il 51,6% degli intervistati non è rilevante), un ambiente di lavoro piacevole e che include la diversità (il 17,27%) e, infine, la crescita delle soft skill (il 16,36%).
Le evidenze emerse dall’indagine
Lanciata in occasione dell’evento HR Business Summit, dedicato al mondo delle risorse umane, la survey è stata lanciata su un campione di circa 100 direttori e direttrici HR in Italia nei mesi di settembre e ottobre 2023. Alla domanda «In che modo cercate di migliorare il benessere dei talenti?» le aziende si dimostrano concentrate sulla formazione (32,65% delle risposte), mentre il 19,39% considera anche leve come il coaching e il supporto psicologico per i propri talenti. Più basse le percentuali con riferimento alle agevolazioni per azioni di wellbeing (11,22%) e opportunità di esperienze professionali internazionali (12,24%). E se per rendere i talenti protagonisti del successo aziendale si mettono in campo team building, job rotation e progetti di comunicazione interna (adottati da circa un quarto dei rispondenti), il 18,6% delle imprese ha attivato anche programmi di leadership mentoring e di reverse mentoring.
Una domanda specifica dell’indagine riguarda la digitalizzazione per il talent management: dalle risposte emerge in modo chiaro che per le imprese italiane questo tema incide nella fase di attraction (estremamente importante per il 16,28% degli intervistati e molto importante per il 32,56% che è molto importante) e acquisition (per il 9,30% è estremamente importante e per il 39,53% è molto importante).
Prestare attenzione alla qualità del clima interno
«Tutti i temi e le dimensioni di indagine prese in esame e di cui sono stati presentati i risultati mettono sotto i riflettori e, quindi, al centro dell’attenzione, la necessità di creare un ambiente lavorativo più soddisfacente, più attento, capace di prendersi cura delle persone e di cui si possano condividere i valori: è su questo terreno che le imprese italiane dovranno lavorare per non rimanere indietro e avere le risorse adeguate, ovvero i talenti giusti, per rimanere competitive», hanno spiegato i curatori Danila Scarozza, Associate Professor in Organization Studies della Link Campus University, e Maurizio Decastri, Professore Ordinario di Organizzazione aziendale all’Università di Roma Tor Vergata. La ricerca sottolinea infatti quanto sia importante costruire concretamente un contesto di lavoro in cui si presta fortemente attenzione alla qualità del clima interno, al welfare aziendale, alla tutela di aspetti quali l’inclusione, la gender equality, fino alla valutazione dei valori aziendali e del suo impatto nella società e sull’ambiente.
«La survey ci dice molto chiaramente che l’analisi dei due fenomeni, il quiet quitting e il job hopping, dev’essere guidata da una consapevolezza profonda delle dinamiche aziendali e dalla volontà di adattarsi continuamente per costruire organizzazioni resilienti e orientate al futuro. Le dimissioni frequenti indicano certamente insoddisfazione personale o anche carenza di sviluppo professionale», ha commentato Linda Gilli, presidente e AD di Inaz. «A nostro avviso e sulla base della nostra esperienza, una su tutte è la leva da attivare: la formazione continua abbinata a un’academy aziendale per attrarre nuove risorse e formarle affinché siano pronte a vivere – e condividere – il percorso d’impresa dal minuto uno».
Photo cover: Pexels / Mart Production